Può accadere che le aziende affianchino al contratto di assunzione il cosiddetto “patto di non concorrenza” volto a tutelare il know-how aziendale.
Vediamo di cosa si tratta e a cosa deve porre attenzione il lavoratore affinché sia valido.
Il patto di non concorrenza è regolato dall’art. 2125 del Codice civile ed è una clausola contrattuale con la quale il datore di lavoro stipula un accordo con il dipendente, nel quale si impegna a versare al lavoratore una somma di denaro in cambio dell’impegno di quest’ultimo a non svolgere attività concorrenziale al termine del loro rapporto.
Questa clausola limita quindi la facoltà del prestatore di lavoro di svolgere attività professionali in concorrenza con l’azienda, a seguito di una cessazione del rapporto di lavoro (sia per licenziamento che per dimissioni).
Vedremo i seguenti aspetti:
√ Quando e quanto è pagato
√ Requisiti per la sua legittimità
√ Durata
√ Domande frequenti
Quando e quanto è pagato
La giurisprudenza è ormai costante nel ritenere che il corrispettivo minimo in favore del lavoratore per un patto di non concorrenza debba aggirarsi intorno al 20%-30% della retribuzione lorda annua.
Il lavoratore può concordare un pagamento mensile che è soggetto a contributi pensionistici e integra la retribuzione, oppure alla cessazione del contratto, soggetto agli obblighi e al regime fiscale del TFR.
Requisiti per la sua legittimità
La legittimità del patto è condizionata da alcune limitazioni, in quanto tale atto non può pregiudicare completamente l’attività futura del soggetto interessato, né limitare lo sviluppo della sua professionalità.
Quindi, a pena di nullità il patto:
a) deve essere redatto per iscritto;
b) deve stabilire un vincolo contenuto rispetto all’oggetto, all’ambito territoriale ed alla durata;
c) deve prevedere un corrispettivo economico in favore del lavoratore.
Durata
Il livello del dipendente incide per quanto riguarda la durata massima: non può essere superiore a cinque anni, se si tratta di dirigente, e a tre anni negli altri casi come il suo.
Domande frequenti
E’ obbligatorio firmare questo patto?
Ai fini dell’assunzione non è obbligatorio firmare tale patto: si tratta infatti di un elemento “accessorio” al contratto di assunzione.
E’ possibile avere una lista dei “competitor” da cui non si può essere assunti?
Riguardo alla possibilità di avere una lista dei “competitor” è una richiesta più che valida del lavoratore. L’accezione infatti di “concorrenza” contenuta nel patto non deve essere troppo ampia ma circoscritta a un’area geografica o a un settore specifico e definito.
A cosa porre attenzione prima di firmare un “patto di non concorrenza”?
– In primo luogo porre attenzione alla durata del patto, che come detto sopra non deve essere superiore a 3 anni nei casi in cui non si sia inquadrati come Dirigenti;
– Richiedere una lista precisa con i nomi delle aziende competitor;
– Il patto deve risultare da atto scritto e il corrispettivo deve essere parametrato al “sacrificio” richiesto al lavoratore. Affinché esso sia congruo, l’importo indicativamente non deve essere inferiore al 30% della retribuzione annua;
– L’attività vietata nel patto deve essere sufficientemente specificata e non eccessivamente estesa. Richiedere che sia scritto una descrizione specifica delle attività che non si potranno porre in essere con le aziende competitor;
– E’ opportuno prevedere, nel caso di versamento periodico mensile del corrispettivo per il patto di non concorrenza, un importo minimo garantito a prescindere dalla durata iniziale del contratto, nonché di stabilire anche l’importo massimo che verrà erogato, in modo che sia chiaro fin dal principio quale sarà la somma che verrà riconosciuta a tale titolo al dipendente.
Mi auguro che questo articolo sia stato utile 😉
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